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Paraìba, giovane superstar – Parte II

Paraìba, giovane superstar – Parte II

Paraìba, giovane superstar – Parte II

 

Ho provato a comprare Paraìba ma mi sono spaventato

Tra le varie cose da comprare e i vari ordini da soddisfare mi sono trovato una richiesta di una bella tormalina Paraìba. Armato di buona volontà ho messo in moto la mia rubrica telefonica, ma le risposte sono sempre le stesse. Gli esemplari più belli di questa stupefacente elbaite sono in poche, selezionate e potenti mani.

Tra la ventina di pietre che è stata mostrata ho individuato queste tre qualità interessanti.

Secondo una valutazione fatta con l’occhio da commerciante queste tre pietre, disposte in ordine di bellezza crescente da sinistra a destra, rappresentano i limiti cromatici all’interno dei quali si configura la Paraìba. Tra le pietre visionate quelle di colore più saturo del 3 risultavano troppo intense e allo stesso modo quelle con colori più chiari dell’1 sfociavano nell’azzurrino o nel verdolino. Fatti bene i conti, i prezzi complessivi a cui si potevano acquistare oscillavano tra i 25.000 ed i 100.000 euro per pietre di un buon colore, ma comunque con inclusioni visibili ad occhio nudo, dai 5 agli 8 carati.

Ho soddisfatto un ordine, così va bene. Beh, non mi sento però ancora di consigliare di inserire Paraiba ad occhi chiusi nei propri portafogli e nei propri stock, vista l’elevatissima fascia di prezzo occupata da questa pur inarrivabile tormalina. Questo non significa che il materiale non sia utile per chi ha la possibilità di collocarla immediatamente ai pezzi del mercato. Ma bisogna avere una clientela con buona capacità finanziaria. La Paraìba, vista la relativa giovane età, deve ancora consolidare il proprio valore in uno spazio temporale significativo. Le pietre preziose hanno bisogno di trend di prezzo nel lungo termine prima che si possa fissare dei parametri assoluti. Tuttavia vale la pena fare un passo indietro per fare il punto su una gemma che nel business italiano si vede poco e per lo più solo per vendite su commissione precisa.

Una nuova attrice nata negli anni 80

Sponsorizzata da Tiffany, la Tanzanite aveva sfondato vent’anni prima e lo show business aveva sete di nuovi successi. Questo era una notizia, una gemma blu si arrampicava sull’Olimpo dei vecchi attori: i Big Three ovvero, rubini, zaffiri e smeraldi, splendidi ma per un copione ormai classico.

Scena: otto anni di ricerca e un gruppo di geologi brasiliani, verso la fine degli anni ‘80, finalmente rinviene nello stato di Paraìba una varietà rarissima di tormalina di un colore che spazia tra sfumature inedite di verde e di azzurro neon deliziosamente sfumati e qui riprodotti secondo il metodo GIA semplificato di Gemval. La gioielleria ha trovato nuovi pantoni preziosi.

Una gemma destinata al successo che, come la Tanzanite, ha una sola origine? Sì, è tanto rara che al mercato va benissimo denominarla col nome dello stato brasiliano di reperimento. In prima linea ci sono le grandi firme della gioielleria, nessun brand può lasciare la diva del momento fuori dalle proprie collezioni. La nuova nuance non ci mette molto a sfondare al botteghino, negli anni novanta le quotazioni decollano inarrestabili, fino agli odierni 20.000 US$ per carato per gemme cristalline di una tinta verde azzurrata di media grandezza.

Il colpo di scena del 2001: lo schiaffo di Pangea alla presunzione speculatrice

Un’imprevista ondata di queste luminose tormaline viene estratta a partire da quell’anno nel Mozambico e poi dal 2005 dalla montagne ricche di rame della Nigeria, rilievi che prima della deriva dei continenti erano adiacenti (Pangea) a quelli brasiliani. La disponibilità di questi nuovi e spesso insperatamente cristallini rinvenimenti africani produce una contrazione dei prezzi, mentre in Brasile in cinque anni si esauriva il primo fronte estrattivo. Le controfigure, lo sappiamo, non sono star. Declino del nuovo astro prezioso? Niente affatto, i principali istituti gemmologici si rimboccano le maniche ed in rapida sequenza (GIA, SSEF, Gubelin) annunciano di aver messo a punto tecniche utili alla determinazione dell’origine brasiliana, ritenuta la qualità più preziosa. Per la verità le indagini spettrometriche messe a punto non sempre riescono con assoluta certezza ad appurare l’area di provenienza delle Paraìba, ma quando pure i documenti gemmologici le classificano di origine brasiliana il loro valore ormai stenta a riconsolidarsi. Il film sembra impantanarsi in una trama banale, con una star duplicata da una stella minore e meno costosa, per meno nobili natali. Il pubblico non capisce: questa infatti è una ben curiosa discriminazione, le meravigliose gemme africane a volte non hanno nulla da invidiare a quelle sudamericane, se non il passaporto.

 

Ed allora entrano in scena gli avvocati, si scivola nel trial movie

David Sherman, commerciante e collezionista di gemme, convinto dall’esiguità delle riserve sudamericane, aveva investito una fortuna in Paràiba del Brasile. Ed allora attacca per 120 milioni di dollari di danni, ma chi? AGTA (American Gem Trade Association) e GIA, rei di aver utilizzato il termine Paraìba anche per le gemelle tormaline africane, una pratica ingannevole a suo avviso poiché Paraìba dovrebbe designare esclusivamente quella gemma di quello stato brasiliano. Inevitabilmente la parola passa agli specialisti. Ci sono aspetti mineralogici tali da individuare specie diverse? No, questa gemma (brasiliana o africana) è una varietà di elbaite, specie contenente rame della famiglia delle tormaline. In quanto idiocromatiche le tormaline elbaiti Paraìba devono la loro attraente colorazione agli oligoelementi, che sono il rame e il manganese. Concentrazioni maggiori di rame danno come risultato un blu luminoso, mentre il manganese contribuisce a sfumature di viola e rosso. Solo un taglio consapevole del forte pleocroismo ne esalta le specifiche proprietà ottiche e il colore, avendo cura di orientare in modo esatto la tavola rispetto all’asse ottico per restituire la sfumatura migliore. Il riscaldamento del grezzo a temperatura controllata (dai 300-350°C ai 550°C) in lento e progressivo aumento consente talvolta di eliminare tonalità rossastre indesiderate modificando lo stato di ossidazione del manganese (da Mn3+ a Mn2+). Insomma l’azione di risarcimento non trova fondamento scientifico e in breve l’accusa fa retromarcia facendo cadere tutte le pretese.

 

LMHC (Sheet #10, 2010) mette ordine

 

LMHC, un agente normativo gemmologico sovranazionale, ratifica che di fatto la varietà Paraìba designa l’intera serie di elbaiti, quale che sia l’origine geografica, recanti precisi dosaggi di colori blu e verdi (si veda la riproduzione qui in alto) con tono e saturazione da lieve-media ad alta. La disputa terminologica ha comunque segnato la storia della gemmologia. Nel report l’indicazione della provenienza resta facoltativa. Lieto fine? Per i nostri occhi, meno per le nostre tasche. Quota infatti 125 milioni di US $ la più grande Paraìba da collezione (90cts) e circa 10 milioni una di 59,10 che una star di Hollywood ha anonimamente di recente messo sul mercato.

 

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